Wagner ai primordi della dodecafonia, Tristano e Isotta sintesi del secolo breve che verrà

Levitare con tutto il nostro spirito e la nostra anima, su per gli sconfinati affondi dei più intimi sentimenti.
L’amore che in questo grumo dilatatissimo wagneriano del Tristano e Isotta, sfonda precipitoso le porte e le pareti del melodramma ottocentesco, restituendoci vessilli e carene, timoni e marinai che salpano in campi infiniti nei marosi degli oceani, con la bianca Isotta che, come bandiera alata, si poggia ruvida sul corpo esangue dell’amato Tristano.
Un Wagner sublime abbiamo udito ieri sera, 30 di ottobre, al Real Teatro di San Carlo, così contrapposto, ma paradossalmente unito alle esperienze più sperimentative del Tell rossiniano o le ardue e aurifere sonorità della Norma di Bellini.
Le tracce ci sono tutte, anche del Verdi di Otello! Buttate alle ortiche le forme “italiane” con arie e cabalette, Wagner ci fa ritrovare un nuovo recitar cantando Schönberghiano, con ritmi e armonie che diventano monumenti della tragedia. Dissonanze e sincopi, cori invisibili, meravigliose unità sonore con le espanse voci fuori scena dei bravissimi maestri tenori, bassi, baritoni, diretti da sua Eccellenza José Luis Basso.
Che dire dei protagonisti? Chaterine Foster, che ha sostituito all’ultimo minuto la Nina Stemme, da fuoco a tutte le granulose passioni del personaggio, trasalendo verso un raggelante lirismo nella scena finale da manuale. Il Tristano di Stuart Skelton ci colpisce ancor di più. Skelton nel terzo atto si muove come un attore della tragedia eschiliana, con voce e movimenti di intensa commozione che mai si risparmia in vocalità modulate e impervie, ripercorrendo pienamente le ottave più difficili.
La Direzione di Constantin Trinks compie asincrone evoluzioni, che quasi sempre prediligono l’orchestra (in grande forma) a scapito di equilibri sul palcoscenico.
La Regia di Pasqual è molto datata a tratti stucchevole.
Luci, costumi e scene di sufficiente piglio.
Tutti bravi gli altri interpreti, René Pape, Brian Mulligan, Okka von der Damerau, Gabriele Ribis e Klodjan Kaçani.
Io eterno amante del Belcanto, mi inchino di fronte a siffatta Opera.

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