Sorprende Anna Bolena al San Carlo

Vedere Anna Bolena, tragedia lirica in due atti su libretto dell’eccellente Felice Romani, è come sudare sette camicie. La tensione drammatica di questo capolavoro donizettiano, irriga il mio volto e la mia schiena di sudore fatto di sangue. Ci si immedesima subito nei singoli personaggi, se ne comprendono i sentimenti, si partecipa a questo lungo supplizio dell’anima.
Solo Norma ha questo supremo privilegio, ed il sottoscritto è barcollato emotivamente preso dagli assalti sonori di un’Opera tra le più belle di tutto il melodramma ottocentesco. Qui prendo le distanze, amichevolmente e con la gioia del confronto, con chi ha criticato, a volte ingiustamente, la protagonista.
Si dalle prime battute si sente ( e si vede ) una direzione d’orchestra che ha una visione a tutto tondo dello spettacolo. Accurata e maniacale attenzione per tutte le sezioni strumentistiche, archi, legni, ottoni, percussioni, un variegato tappeto sonoro che accompagna il dramma facendo attenzione al libretto. Riccardo Frizza dirige, con piglio minimo del gesto, un’ orchestra che lo segue splendidamente, vibrando energie chiaroscurali sullo sfondo dell’imminente tragedia. E il coro, che pur costipato negli angusti spazi di una regia compressa di Jetske Mijnssen ,sfodera la bravura che in questi anni abbiamo veduta sempre più cangiante; che dire del coro delle damigelle “Ah! dove mai ne andarono”. Si deve al maestro Basso ed agli artisti dei vari registri vocali, se il livello del coro è oramai di qualità assoluta. Dispiace constatare che il maestro lascerà tra poco il Massimo per altri incarichi in Europa.
Ora veniamo, come già avevo accennato in premessa, alle voci.
Maria Agresta è soprano di qualità eccellente e Anna Bolena rappresenta il suo K2. Le cime impervie del canto drammatico, con le annesse impossibili agilità di forza, mettono a dura prova una voce che ha naturalmente una impostazione lirico/lirico spinta. Ma la Agresta ci sorprende e nel corso della durissima prova “ascensionale” raggiunge lo zenit.
Una bravura che in questo finale elegiaco “Al dolce guidami” raggiunge una dolenza vinta da “brividi” sussurrati ed anche in “Coppia iniqua” afferma vocalmente una solidità drammatica e di agilità come poche.
Brava!
Annalisa Stroppa impressiona per le straordinarie qualità della sua voce da mezzosoprano lirico più spinto verso l’acuto e con qualità nella recitazione sublimi: l’uso del corpo, la bella gestualità, un fraseggio eccellente. Una Giovanna Seymour perfetta. La sua è una lezione di stile donizettiano e belcantistico da manuale.
Mi ha molto sorpreso il tenore americano René Barbera che ha sostituito il giovanissimo Xabier Anduaga.
Barbera struttura vocalmente un Lord Riccardo Percy di grande interesse. Il suo colore molto caldo e la sua dizione è in perfetto italiano. Questa parte fu scritta per Rubini e Barbera questo l’ha in mente. Non forza mai la voce, usa sapientemente i fiati. Interessante la tessitura sovracuta di Barbera in “Vivi tu, te ne scongiuro” sfoggia una magnifica interpretazione fino all’acme della cabaletta “Nel veder la tua costanza” sfoggia un Re sovracuto come si pensa facesse il grande Rubini!
Enrico VIII è interpretato da Alexander Vinogradov, voce pastosa e roboante, è forse quello che convince di meno stilisticamente, ma questa truculenza da macellaio dei corpi, granguignolésco, ci sta. Resta il fatto che Vinogradov ha una estensione da basso prodigiosa ed è cantante musicalissimo. Il resto del cast convince appieno a cominciare dalla bravissima Caterina Piva ( Smeton), Nicolò Donini e Giorgi Guliashvili.
Spettacolo consigliatissimo.
Pino De Stasio

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