Macbeth ritorna al San Carlo-Politeama in forma di concerto.

Ieri sera abbiamo visto la seconda rappresentazione del Macbeth verdiano, con le sostituzioni per indisposizione di Sondra Radvanovsky con Daniela Schillaci e di Luca Salsi con George Gagnidze.
Dico subito che la sera della prima mi giunsero spifferi di insofferenza critica da parte del pubblico che ha assistito ad una prova discontinua, forse proprio per la difficoltà del protagonista con evidenti problemi di salute.
La recita veduta il 12 di marzo ha dato invece esiti diversi.
Questa capolavoro del 1847 di Verdi ha una struttura ancora legata, per alcune parti, al primo ottocento ( si sente il Rossini tragico ma anche un melos belliniano che commuove) con forme chiuse, arie, cabalette, duetti, concertati ma dipana poi una sperimentazione di un canto più spianato che anticipa grumi sonori del Verdi maturo.
Ha del clamoroso la prestazione del coro Sancarliano, diretto dal Maestro José Luis Basso di raffinatissima conoscenza dello spartito, dove tutte le sezioni vocali hanno espresso il meglio raggiungendo traguardi celestiali e infernali, fino all’acme supremo di “Patria oppressa!”, infatti è stato concesso il bis dopo applausi ripetuti da parte di un pubblico esigente ed attento, evento rarissimo per un coro, ricordo solo un ” Và pensiero” scaligero. Darei un premio a questi infaticabili Artisti che non hanno eguali, per quello che conosciamo e ascoltiamo, qui in Italia e non solo. Bravi!
Ma veniamo alla serata nell’angusto e soffocante teatro Politeama, dove l’aria era irrespirabile, poichè una corretta ventilazione era pressochè assente.
Comprendo come i cantanti debbano essere dei fuoriclasse per esibirsi in luoghi poco idonei al Belcanto.
Devo dire che la direzione di Marco Armiliato mi è piaciuta, Egli ha saputo dare il giusto nerbo ad un’Opera sanguigna e muscolare. Fondamentale la ritmica, tenuta benissimo e dosata sempre con efficacia dai Maestri strumentisti. Magnifico il preludio tra le più belle pagine che Verdi abbia mai scritto.
Ed ora veniamo ai protagonisti in primis al Macbeth di George Gagnidze che ha superato brillantemente la serata, anche se lo spartito poggiato sul leggio in proscenio, toglieva sonorità drammatica al personaggio, che ha nella scrittura verdiana le difficoltà di un baritono con estensione acuta ma con poderosi innesti medio bassi. Bravissimo Gagnidze nell’aria “Pietà, rispetto, amore” a lui è stato concesso dal pubblico il giusto riconoscimento con scrocianti applausi.
La Lady Macbeth di Daniela Schillaci ha il grande e impagabile merito di farci capire ogni sillaba ed ogni vocale. Ascolto voci da quasi mezzo secolo ma cantare in italiano e far comprendere gli afflati e gli affetti che questa lingua trasmette non è sempre facile, ed ecco che già nella cavatina d’entrata “Vieni! t’affretta” la Schillaci ci offre un saggio di come l’impostazione vocale di un soprano, che a freddo deve affrontare la temuta sortita, ha nella corretta respirazione, che poi deve immascherarsi nei grandi “risuonatori” cranici e nasali,il fondamento di una vibrazione sonora che traccia, inseguendo, quel drammatico di agilità che ritroveremo lungo il percorso del personaggio.
La scena del sonnambulismo, che precede la morte della protagonista, ha espressioni di altissimo virtuosismo spianato, fino alla fatale conclusione del re bemolle sovracuto che la Schillaci emette splendidamente senza tuttavia eseguire il diminuendo, peccato che le perdoniamo per una serata di grandissima prestazione artistica, in fondo nemmeno la pluriblasonata Anna Netrebko alla Scala ha in intonazione brillato nel furioso passaggio sonoro in una recentissima esibizione.
Il Pubblico ha tributato alla Schillaci diversi brava a scena aperta.
Molto bene il Banco di Alexander Vinogradov, voce possente e piena di armonici, di potenza e presenza quasi assordante per un teatro , quale il Politeama, non votato al melodramma.
Il Macduff di Giulio Pelligra mostra una vocalità non adatta al repertorio verdiamo, consigliamo a questo tenore altri compositori, poichè ha voce educata e di buon colore.
Molto brava e da noi sempre promossa Chiara Polese, la Dama di Lady Macbeth, voce educatissima e di bellissimo timbro dovrebbe però avere una gestione della propria gestualità più accorta, soprattutto quando vi sono opere in forma di concerto. Tutti bravi e concentratissimi le voci in primis Valeria Attianese e ancora Giacomo Marcaldo, Maria Antonella Navarra, Francesco Castoro, Antonio De Lisio, Takaki Kurihara, Giuseppe Todisco, Luciano Leoni.
Un Macbeth che consiglio vivamente di vedere.

Pino De Stasio

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