Il tragico secondo Rossini, trionfo del Maometto al San Carlo di Napoli

Si vede, all’alzare del sipario, Anna che rincorre i silenzi delle tombe, una sequenza di enormi croci illuminate da neon a luce fredda. Un assordante silenzio che precede la meravigliosa introduzione “Al tuo cenno, Erisso”. Colpisce immediatamente la capacità del regista spagnolo Calixto Bieito, di inquadrare la tragedia di Anna in uno spazio onirico, surreale che ha rimandi sublimi nella psicanalisi o nella citazione del film di Chaplin “Il grande dittatore” del 1940. Si osservi bene la cartina geografica che ha in mano Maometto, ridotta in mille pezzi per poi essere malamente ricomposta da Calbo e i neri teloni in plastica, come il mare in tempesta di un film di Federico Fellini e ancora l’amplesso sul divano in proscenio che rimanda alla forza espressiva dei film di Tarantino.
Insomma, un funambolico enorme piano sequenza cinematografico, con ampi spazi visionari che si aprono su inverosimili soldati che vanno alla guerra dei giocattoli e ritmano, come sfortunati umani chiusi in un ospedale psichiatrico, le cadenze dei cantanti o le parti dell’orchestra. Chi si aspettava di vedere le solite regia di “Un posto al sole” è rimasto fortemente deluso.

E’ anche, però, un teatro di prosa, immerso nel novecento che unisce la magnifica scuola musicale napoletana di Rossini, con i rigurgiti e vomiti delle annose storiche guerre di religione che si rincorrono nel corso della Storia, che dire del magnifico finale dove il suicidio di Anna è sublimato dallo sguardo straniante rivolto verso il pubblico del teatro, facendo intendere che quel pugnale è in mano vostra!

Geniale regista questo Calixto Bieito, già premio Abbiati ed ora ancora più interessante di come ha lavorato ” l’organismo” di Rossini, compositore sempre sfuggente agli stereotipi ed alle brutture registiche che si vedono in giro con Barbieri e Cenerentole!

Ma veniamo alla serata. Il plauso più accalorato va al direttore d’orchestra Michele Mariotti che ha saputo creare contrasti, pezzi di alto virtuosismo ( che “fiati” ha l’orchestra del San Carlo) ma non solo fiati, legni, percussioni, l’arpista, bravissima nell’accompagnare Anna nella dolentissima aria “Giusto ciel, in tal periglio”.
Mariotti esegue lo spartito che ha il sigillo d’oro della revisione critica del Rossini Opera Festival, ed è una goduria ascoltare che i tempi sono ben stretti all’interno di una multicolore idea esecutiva sempre coerente, struggente e incantevole.

Non c’e’ stato un solo secondo di pausa infelice durante tutto lo spettacolo, il pubblico napoletano ha sicuramente apprezzato, avendo orecchio fine. L’Orchestra tutta è in stato di assoluta grazia.

Anche il coro, che fu già preparato dal mai dimenticato Maestro Basso, ha donato pezzi d’insieme di altissimo impatto drammatico ed emotivo, senza dimenticare i momenti chiaroscurali che questo capolavoro impone.

La serata ha avuto come trionfatrice assoluta Anna della giovane soprano russa, non ancora trentenne, Vasilisa Berzhanskaya, matura per interpretazione senza mai superare la giusta linea della credibilità attoriale.
La Berzhanskaya ha saputo coniugare la grande preparazione da consumata belcantista a quella di attrice consumata, muovendosi agilmente tra i confini di una lucida narrazione quasi verista a quella più sublime del paradisiaco mondo del melodramma del primo ottocento. Mi ha ricordato le belle esibizioni del grande soprano Sondra Radvanovsky. Basti vederla e sentirla nella difficilissima aria finale “Sí, ferite: il chieggo, il merto”, dove agilità, coloratura, tempi, canto elegiaco, tragedia, sono immersi in una sintesi temporale/musicale di rara bellezza.

Anche il Maometto di Roberto Tagliavini, basso di voce tonda e bronzea, ha mostrato la compiutezza di un personaggio sopraffatto dall’amore per Anna, che mai sarà sua. Un Maometto che risulta “buono” pur nella scrittura feroce del libretto, una nuova interpretazione che arricchisce questa opera di un altro punto di vista. Il suo soccombere ai piedi di Anna, nella scena erotica, ha avuto presa tra il pubblico. A Tagliavini sono andati applausi scroscianti nella bellissima cavatina di entrata “Sorgete, in sì bel giorno”.
Ottima la scelta di un Calbo mezzosoprano, anche in questo caso abbiamo udito una credibile Varduhi Abrahamyan che compie un vero miracolo vocale nell’eseguire, per intero, così come è scritta, la tremenda aria “Non temer, d’un basso affetto” cavallo di battaglia dell’ immensa Marilyn Horne, storica interprete del repertorio rossiniano.
Il Paolo Erisso di Dmitry Korchak ci ha donato ancora una volta la perfezione della grande scuola del tenore di agilità eroico rossiniano.
Ogni nota è cesellata e incastonata con intonazione perfetta e la bravura è immensa quando nello struggente terzettone del primo atto Paolo Erisso si fonde con Anna e Calbo in una sintesi anticipatrice di quello che nei decenni seguenti, altri e più giovani compositori, imiteranno come stile.
Molto bene il Selimo di Andrea Calce e il Condulmiero di Li Danyang.
Applausi per tutti, serata memorabile, a molti la regia non è piaciuta ed hanno visibilmente protestato, mentre il Napoli pareggiava con il Milan allo stadio Maradona.

Pino De Stasio

Facebooktwitterlinkedintumblrmail

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.