Commuove il Simon Boccanegra al San Carlo

Non solo Simon Boccanegra grida Pace, anche Amelia sussurra Pace, e Marina Rebeka compie un capolavoro da vera belcantista fraseggiando con note trillate e messa di voce potente questa sfortunata parola.

Una serata da ricordare quella del 13 ottobre 2024, anche se in forma di concerto, con azioni attoriali di gran classe da parte dei principali interpreti.

Opera complessa questa di Giuseppe Verdi, crepuscolare e modernissima che coniuga un canto spianato, poche arie strutturate all’antica, e duetti di inciso senso tragico. Raro a trovare, a partire dalla metà dell’ottocento, un melodramma di così compiuta bellezza, e pregno di raffinata composizione melo/sinfonica.

Marina Rebeca ci offre un’interpretazione da Primadonna. Sembra una parte scritta per lei, a differenza di altre rappresentazione che abbiamo udito nei mesi scorsi. Canto nobile e fraseggio con accenti  brillanti,  note acute che emergevano nei concertati, perfetti per intonazione e volume, radiosa ed espansiva nei duetti con il padre. Una Marina Rebeka che si trova a suo agio nelle parti del Verdi più maturo, sarebbe eccellente Desdemona!

Ludovic Tézier è un Boccanegra di riferimento contemporaneo. La sua interpretazione, seppur racchiusa in una crisalide di intenzioni variopinte, (la forma di concerto impedisce il compiuto raggiungimento del personaggio), commuove e stupisce. L’emissione chiaroscurale, mai forzata del canto, penso alla scuola di Ettore Bastianini, consegna allo spettatore un personaggio dai mille conflitti e compie una parabola vocale a cerchio chiuso sino all’estremo addio, l’ultimo sospiro! Il pubblico del Real Teatro di San Carlo è andato letteralmente in visibilio.

Leone della serata, per impeccabile piglio tragico,  è Michele Pertusi, meraviglioso basso italiano che incanta e commuove nella  bellissima aria “A te l’estremo addio” . Qui Pertusi mostra, insieme al duetto finale con il suo rivale, una maturità stilistica verdiana senza pari. Volume, fiati, colore, agogica dello spartito, nota grave in cadenza  con armonici profondi che si espandono per tutto il teatro, e che infine,  fragoroso e attonito, fa giungere l’applauso.

Francesco Meli è tenore prezioso e tecnicamente un fuoriclasse. Cangiante è la sua voce che riesce a modulare con tecnica del falsetto i passaggi più “smorzati”, una riuscita filigrana sonora. Buona la sua interpretazione, pur nel ristretto ambito della forma data. Forse il peso sonoro eccessivo, in talune scene, richiedeva un maggior equilibrio con le altre voci.

Il Paolo Albani di Mattia Olivieri ci è apparso ancora immaturo. Olivieri possiede voce calda ed estesa, ma tende a “tenorizzarla” nelle note acute. Un personaggio che richiede non tanto l’eleganza fraseggiata, ma una  cattiveria malvagia. Mattia Olivieri resta comunque una delle più belle voci oggi in circolazione.

Molto bene Andrea Pellegrini , voce estremamente curata e Silvia Cialli  corretta ancella di Amelia.

Un plauso a parte per il coro diretto dal Maestro Fabrizio Cassi. Meravigliose le cascate sonore o i sussurri sillabici che questi maestri cantori regalano al pubblico del San Carlo. Le voci femminili svettano sferzando l’aria del palcoscenico, mentre le voci maschili cadenzano ritmi di assoluta precisione nei bellissimi pezzi d’assieme con i protagonisti.

Michele Spotti dirige con sufficiente forza direttoriale un’orchestra che sicuramente ha visto serate migliori. Bellissima l’istallazione a “caverne sonore” dell’artista giapponese Kengo Kuma.

Applausi scroscianti per tutti.

Pino De Stasio

 

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