Centone sarà lei! Riemerge dall’oblio Eduardo e Cristina, trionfo al ROF.

Centone sarà lei! Possibile che bisogna omologarsi alla solita solfa ( qui le due note musicali ci stanno benissimo) del pensiero unico di alcuni blasonati critici?.
“Eduardo e Cristina” , opera scritta a cavallo tra il 1818/19 per il Teatro di San Benedetto a Venezia, in piena esplosione creativa napoletana di Rossini, ci offre un nuovo affresco di come gli auto imprestiti del pesarese, siano affrontati da lui stesso come tema laboratoriale ed evolutivo di forme e temi già scritti per altre opere.
Un plauso va ad Andrea Malnati e Alice Tavilla, i due musicologi che hanno curato, in maniera certosina, per il Rossini Opera Festival, l’edizione critica ( dello smarrito manoscritto ) che di fatto è una prima mondiale assoluta in tempi moderni, dopo duecento anni di spocchiose dimenticanze da parte di chi riteneva quest’ opera, una somma fredda e distaccata di arie, duetti, cavatine e sinfonia iniziale.
Premessa, l’opera oggi deve essere un momento di confronto con il contemporaneo, con la realtà che ci circonda, con l’evoluzioni dei costumi e delle tendenze, senza mai dimenticare, ovviamente, la stretta tessitura tragico drammatica del libretto.
Damiano Michieletto, Graham Vick, e per versi opposti ma genialmente espressi, il Maestro Pier Luigi Pizzi, sono artisti assoluti di come il Teatro d’Opera debba “comunicare” e non solo ” rappresentare”.
L’altra sera, 11 agosto, abbiamo visto cio’ che il regista Stefano Poda ha inteso comunicarci.
C’e’ follia rossiniana in questa edizione , follia intesa come forza creatrice che non teme di dissacrare le calme colline di un’estetica oleografica, che nel corso del tempo ha zavorrato lo spirito della scrittura rossiniana.
Poda ha curato regia, scene, costumi, luci e coreografia, tutte tenute su una linea di estrema tensione emotiva, che dire dei bellissimi corpi dei ballerini. Abbiamo finalmente visto della danza contemporanea, non fine a se stessa, ma coagulata e impressa, mentre gli interpreti Regali cantavano arie dalle difficili interpretazioni belcantiste, nei volumi angusti di spazi caleidoscopici e alte mura funerarie, che ricordano i biancori delle assolate terre oniriche, presaghe di una tragedia che non avverrà.
Questo interessantissimo “accanimento” dei corpi su altri corpi, è la cifra più interessante dello spettacolo e traccia costantemente e ritmicamente un crescendo di “effetti e affetti” da brividi.
La struttura musicale che sentiamo, splendidamente diretta dal maestro Jader Bignamini, che con gesto magnifico timbra le cangianti cristalline geometrie rossiniane, con la favolosa orchestra della Rai,(che ha avuto solo un piccolissimo inciampo nella sinfonia iniziale su un assolo dei fiati ), mostra un poderoso intreccio di stili rossiniani che si confrontano, spiazzando noi spettatori, con gli innesti dall’Ermione ( opera tra le più “europee” di Rossini) che insieme a Ricciardo e Zoraide ed al Mosè napoletano la fanno da padrone. E come non rimanere stupiti dai secchi recitativi accompagnati che ci riportano indietro nel tempo. Insomma un grande cantiere operistico dell’ottocento, che consegna al romanticismo le gemme più belle.
Veniamo agli interpreti.
Prima fra tutti la voce di Anastasia Bartoli, Cristina. Impressionante la tenuta di stile e la prassi interpretativa di questa cantante, che ha come madre la mai dimenticata ( operisticamente) Cecilia Gasdia. Possibile che una figlia di si grande stella possa essere così brava? Impressiona il suo piglio e la tessitura “Colbran” che ci mostra che non ha difficoltà a confrontarsi con arie e cavatine quali “E’ svanita ogni speranza” o nel magnifico duetto con Eduardo, interpretato da Daniela Barcellona, mezzosoprano di cesello che affascina ancor oggi per la totale integrità delle agilità e colorature. La Bartoli non deve assolutamente allontanarsi da questo repertorio, il primo ottocento è la sua fucina d’oro, lo si è capito in un piccolo passaggio, quando ha tenuto magnificamente una nota sovracuta, gradandola con una messa di voce da manuale.
Brava!
Veniamo alle voci maschili.
Enea Scala mostra oramai una spavalderia e maturità da sicuro tenore belcantista. Superlativa la sua prestazione che emula, giustamente, le grandi imprese belcantistiche del Maestro Chris Merritt. Enea Scala non è un baritenore, ma un tenore che sa affrontare oltre le altissime asperità delle poderose ascese nei sovracuti e gli affondi di note ben appoggiate nella tessitura grave.
Bravissimo il giovane Matteo Roma (Atlei), che nella difficilissima aria di sortita ” Da nume si benefico” (sembra non scritta da Rossini), impervia e con salti di ottava e sovracuti annessi, mostra capacità anche interpretative mature e salde.
Bravo il basso Grigory Shkarupa (Giacomo), voce molto bella, bronzea e calda.
Il coro del Teatro Ventidio Basso diretto da Giovanni Farina ci è apparso buono.

Pino De Stasio

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2 commenti su “Centone sarà lei! Riemerge dall’oblio Eduardo e Cristina, trionfo al ROF.”

  1. Recensione da cui si evince ,senza ombra di dubbio , la grande sensibilitò , conoscenze , competenze e capacità critiche ed analitiche dello scrivente .Ogni sua recensione è una ulteriore conferma di quanto sopra detto !! AD MAJORA !

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  2. Una raffinata, colta, lucida critica di Pino De Stasio.Esperto musicologo e appassionato cultore del belcanto in particolare del suo autore più amato Rossini, ci fa partecipare quasi dal vivo all’evento di una riscoperta e riproposizione di altissimo livello tecnico e artistico di un’opera del Pesarese finora quasi condannata all’oblio.Grazie Pino la tua passione è più che un invito, un modello di bellezza.

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